lunedì 23 maggio 2011

Cucina d'evasione

Evadere cucinando, oggi si può. Grazie a un progetto del ministero di Grazia e Giustizia, attivo già da qualche anno, la gastronomia è entrata nelle carceri italiane. Un modo come un altro per passare le giornate, divertirsi e, magari, imparare pure un lavoro. Del resto il tempo non manca. Cucinare, ma anche allevare e produrre.

Insomma, tutta la filiera, che nei penitenziari diventa cortissima però raggiunge tutti grazie a una vetrina online sul sito del ministero (ci sono anche moltissimi prodotti non alimentari). Loro, i detenuti, ci scherzano su e hanno commercializzato vini che si chiamano "Il fuggiasco" o "Fresco di galera", formaggi come il "Galeghiotto", dolci con il marchio "Banda biscotti", la crema al pistacchio "Dolci libertà" o le uova di quaglia "Al Cappone".

Anche in Toscana il progetto ha trovato una sua dimensione. Al carcere della Gorgona, ad esempio, da qualche anno c´è un allevamento di orate, che grazie a un accordo con la Unicoop Livorno vengono poi distribuite nei supermercati. E poi una piccola produzione di olio e vino, usati perlopiù per uso interno. A Volterra, invece, da cinque anni va avanti il progetto "Cene Galeotte", un programma di incontri con cena - il ricavato viene devoluto in beneficenza - in cui i detenuti lavorano fianco a fianco per due giorni con chef professionisti. Ieri sera in cucina c´era Stefano Frassineti, del ristorante Toscani da Sempre di Pontassieve (cena in favore dei Centri Missionari della Toscana Diocesi di Fiesole - Palestina), mentre l´ultima sera, il 24 giugno, toccherà a Cristiano Tomei, de l´Imbuto di Viareggio.

«Ho accettato senza esitare l´invito a partecipare alle Cene Galeotte - racconta Vito Mollica, executive chef del ristorante Palagio dell´hotel Four Seasons di Firenze - con me sono venuti due collaboratori, Domenico della pasticceria e Andrea un junior sous chef. È stata un´esperienza unica di vita e di coinvolgimento. Abbiamo avuto la sensazione di portare luce dall´esterno e ci hanno offerto immediatamente amicizia spontanea. E poi ricordo gli sguardi e gli atteggiamenti dei detenuti. Sono comuni alla gente che mi circonda ogni giorno ma sono purtroppo delle strane storie di vita».

Ci spostiamo a Lucca, carcere San Giorgio, dove vengono organizzati periodicamente corsi di cucina. Si impara a fare i sughi, le basi, la pasta, i dolci. Si mescola, si scuoce e si spadella tutto il giorno e magari la passione diventa pure un mestiere. Mentre a San Gimignano i detenuti della Ranza coltivano zafferano, uno dei prodotti a denominazione tipico di questa zona. Quest´anno il progetto non è partito, ma i responsabili assicurano che si tratta solo di una pausa perché l´anno prossimo lo Zafferano di Ranza a marchio Dop (3,50 euro a bustina) sarà di nuovo in produzione

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